IMAGES AND SIGNS: ITALY, 1969-89
PRACTICES OF MEMORY
C-print Fuji Matt Crystal archive paper, © 2013 - 2015
ITALIANO
La serie fotografica “Images and Signs: Italy, 1969-89. Practices of Memory”, realizzata tra il 2013 e 2015, ripercorre gli anni di piombo, due decenni che ancora oggi rimangono cosparsi di ombre e in cerca di verità anche attraverso un’incessante produzione di libri e film sul tema, commissioni parlamentari e addirittura il processo d’appello per la strage di Piazza della Loggia nel lontano 1974.
La visione di alcuni documentari mi ha dimostrato quanto, purtroppo, limitata fosse la conoscenza che avevo di questo periodo storico tutt’oggi condizionato da verità dissimulate e pertanto privato di una condivisa rappresentazione socialmente legittimata. Questa constatazione mi ha spinto ad interrogarmi sui meccanismi che regolano la trasmissione della Memoria collettiva e sul ruolo degli archivi.
Il filosofo e sociologo Maurice Halbwachs sostiene che ogni gruppo sociale conserva in maniera selettiva immagini del passato trattenendo ciò che è funzionale agli interessi del presente. Il passato lascia tracce, ma poi è il presente che ricorda.
E come afferma il filosofo Jacques Derrida in “Mal d’archive, une impression freudienne”: non esiste potere politico senza controllo dell’archivio, se non della memoria.
Ho deciso di procedere a ritroso cercando reperti - tangibili e visivamente meno conosciuti all’opinione pubblica -, del terrorismo ideologico di sinistra e stragista di destra della strategia della tensione che hanno devastato l’Italia tra il 1969 e 1989. Non c’è ricordo senza conoscenza e per ricordare bisogna consultare anche gli archivi. Grazie all’importante supporto di funzionari del Ministero dell’Interno, della Giustizia e dell’Arma, mi è stato consentito di accedere agli archivi e agli autocentri, dove vengono custoditi i corpi di reato sequestrati nei covi dei terroristi, gli effetti personali ritrovati addosso alle vittime, le automobili colpite durante gli agguati.
I depositi della Memoria preservano attraverso il tempo sottostando, ovviamente, ai limiti che impongono le capacità di immagazzinamento. Selezione, smistamento e smaltimento sono altrettanto decisivi di qualsiasi azione di raccolta e conservazione. Inoltre, i criteri di valutazione che le regolano, possono non essere condivisi dalle generazioni successive. Alla stregua di un’esplorazione archeologica non ho avuto modo di prevedere cosa sarei riuscito a riportare a galla. Molti oggetti che avrei voluto ritrarre non esistono più, mentre altri, per ora salvi, si stanno deteriorando. L’assenza di informazione, in cui mi sono imbattuto, non contraddistingue solo la conoscenza che ereditiamo, ma riguarda in maniera intrinseca la natura degli archivi: essi sono al contempo luoghi di vuoti di informazione.
Si innesca una riflessione, particolarmente attuale e sentita, sulla conservazione di documenti e altre prove tangibili di un pezzo di storia significativo. Ricordare come anche non ricordare è un’attività sociale con un lato etico: dimenticare è colpa.
La Memoria possiede un carattere distributivo, in quanto viene veicolata da testi, documenti e immagini che entrano in relazione tra loro contribuendo a costruire un senso coeso del passato, imprescindibile per la costruzione di un’identità attuale. I suoi custodi saranno sempre più coloro che hanno il potere di decidere cosa riprodurre su supporti più durevoli.
In Italia lo stiamo vivendo anche con i documenti e i corpi di reato dei grandi processi del terrorismo nero e rosso. Basti pensare che le lettere autografe dell’On. Aldo Moro dalla prigionia avrebbero subito un deterioramento irreversibile se fossero rimaste nell’archivio del Tribunale di Roma ad aspettare il termine di quarant’anni previsto per il versamento all’Archivio Centrale di Stato. Sono, invece, andati al macero centinaia di oggetti-prove nonostante la loro straordinaria forza evocativa e simbolica. Puntuali ispezioni ministeriali cancellano, difatti, la storia giudiziaria distruggendo importanti testimonianze affidate ai sotterranei di tribunali e ai depositi della Polizia.
Quando i processi si concludono, un provvedimento decreta la loro eliminazione. Ma accade anche che riescano a sfuggirvi perché archivisti più sensibili le segnalano a istituzioni che le prendono in carico, mentre tante ancora prima di logorarsi sono state gettate in seguito ad inondazioni oppure - come spesso accade nel nostro Paese -, sono rimaste protette nell’oblio. Le eliminazioni hanno toccato anche le Stragi di Piazza Fontana, dell’Italicus e di Bologna, mentre insignificanti oggetti come bagnoschiuma, confezioni aperte di pasta o scarpe da ginnastica sequestrate in un covo giacciono ancora nei cartoni alla pari di un trasloco qualsiasi.
La gestione degli archivi e la loro accessibilità è l’ennesima annosa questione di un patrimonio pubblico non del tutto tutelato. I processi per la Strage di Piazza Fontana sono stati digitalizzati, ma moltissimi altri rimangono a rischio. Il governo in carica ha disposto la declassificazione degli atti di alcune stragi -
Ustica, Peteano, Italicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Gioia Tauro, Stazione di Bologna e Rapido 904 -, che non sono più coperti dal segreto di Stato, ma non portano alla luce nulla di celato.
Le criticità non mancano: capacità limitate di immagazzinamento, scarse risorse per stipendiare personale con competenze adeguate, mancanza di criteri che stabiliscano cosa non va distrutto bensì condiviso, complessità dei processi che si sono trascinati per decenni e in città diverse, …
Le immagini di questa serie - sia le tracce sopravvissute che quelle scomparse -, assurgono a mediatori della Memoria di accadimenti che per la generazione adulta appartengono al passato recente e come tali sono indivisibili dalla memoria biografica che ne difende il ricordo, mentre per i giovani sono già parte della Storia.
L’immaginario collettivo attinge soprattutto dalle riprese e dalle fotografie in bianco e nero dell’epoca, che hanno avuto una maggiore diffusione attraverso i media. Pertanto succede che i segni restituiti da questo lavoro, a colori, non vengano riconosciuti, seppure appartengono ai momenti centrali che hanno determinato il corso della storia d’Italia negli ultimi cinquant’anni.
Rispetto al mio vissuto personale, essendo nato nel 1975, ha richiamato reminiscenze d’infanzia, anche di quando mio padre - operaio sindacalista al reparto meccanico dell’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco -, rientrava a casa anticipatamente e raccontava delle manifestazioni in fabbrica e dei mancati accordi con i quadri dirigenziali.
Attraverso l’immediatezza del mezzo fotografico e con la precisione nei dettagli del grande formato, ho voluto attestare la veridicità di quanto è stato preservato e del restante andato distrutto.
Le inquadrature ritagliano segni congelati, il ricordo sedimentato nella materia costituisce la memoria: i fori sulla camicia che indossò l’Onorevole Moro il giorno della sua uccisione e sulla coperta in cui fu avvolto, ma anche la mitraglietta Škorpion che li provocò, la pietra dilaniata dall’ordigno scoppiato sotto i portici di Piazza della Loggia e gli indumenti delle vittime, le carrozzerie crivellate, l’impronta del proiettile sulla valigetta che salvò la vita ad un consigliere comunale di Torino, la cassetta di legno con timer e pile della bomba rudimentale inesplosa trovata alla Stazione Centrale di Milano sul treno 154 Trieste - Parigi. I quattro fogli inediti di un block notes dell’Italsider tramandano l’attenta analisi che l’operaio e sindacalista Guido Rossa fa del terrorismo poco prima di essere assassinato. A metterli a disposizione è stata sua figlia.
Un testo, che spiega il fatto storico, integra e convalida le informazioni visive.
Lorenzo Migliorati, studioso di sociologia della memoria: “Questi corpi di reato sono vere e proprie pratiche di memoria, sostanziate di cultura materiale, che sedimentano la narrazione della nostra (nel senso di comunità nazionale) memoria. Ci abiteranno e informeranno la nostra identità, anche se non li vedremo, finché non li nomineremo e li attraverseremo. Il lavoro di Cifali è potente anche per questo: dà forma, nome e sostanza ad oggetti che avremmo potuto non vedere mai.”
ENGLISH
“Images and Signs: Italy, 1969-89. Practices of Memory” has been conceived between 2013 and 2015. The series retraces the period known in Italy as the Years of Lead, referring to the vast number of bullets fired, two decades over which shadows still loom, along with lots of loose ends and unanswered questions giving rise to a rich production of books and feature films, parliamentary committees and even to the trial for the massacre of Piazza della Loggia in 1974. The view of some documentaries regrettably showed me how limited was my knowledge of this historical period, still marked by concealed truths and therefore bereft of a shared and socially legitimized representation. Such realization prompted me to investigate the mechanisms that regulate the transmission of Collective Memory. The philosopher and sociologist Maurice Halbwachs asserts that every social group selects different images from the past as a function of our social present. The past leaves traces, but then it is the present to remember. And as the philosopher Jacques Derrida argues in Mal d’archive, une impression freudienne, “ there is no political power without control of the archive, if not memory.”
Thus, I decided to work backward, seeking any tangible, shelved evidence, which was visually not yet fully known to the general public, from Italy’s years of terror between 1969 and 1989. There is no Memory without learning and in order to remember we should have access to archival information. Thanks to the significant support given by several officials in the Italian Ministry of Interior and of Justice, and by the Army, I was allowed to access the archives and the auto-centers, where the corpora delicti seized from the hide-outs of the terrorists, the personal effects found on the victims, the vehicles involved in ambushed, are kept.
The repository of Memory preserves through time subject, obviously, to the limits on the memory storage capacity. Selection, sorting and disposal are just as decisive as any action of collection and storage. Moreover, the evaluation criteria governing them might not be agreed on by the next generations. Like an archaeological exploration, I could not predict what I would have been able to bring back to the surface. Several objects and items that I wished I could portray no longer exist, whereas the other, which remains preserved, for the time being, is deteriorating. The lack of information I came across does not characterize only the inherited knowledge, but it intrinsically concerns the nature of the archives: they are at the same time places void of any information. Hence, this triggers a deep and relevant reflection about the retention and prevention of records and of other tangible evidence of a momentous event in Italian history. Remembering, as much as not remembering, is a social act with an ethical side: forgetting is a crime.
Memory has a distributive character, as it is conveyed by texts, documents and images that are related one to the other thus contributing to building a cohesive sense of our past, which is fundamental to lay the foundations for the emergence of a common social identity. Its keepers will increasingly be those who have the power to decide what information should be reproduced on more durable mediums.
In Italy, we are experiencing and witnessing this also with the documents and the corpora delicti from the major terror trials. Suffice it to think that the original letters written by Christian- Democrat leader Aldo Moro during the days of his abduction would have suffered an irreversible deterioration if they had been left in the Archive of the Court of Rome waiting for the end of the forty-year term in order to be transferred to the Italian State Central Archive. Unfortunately, hundreds of items have been destroyed despite their evocative and symbolic power. On-the-spot ministerial inspections delete, indeed, the judicial history destroying important evidence and records kept in vaults in the courthouse basements and in the Police archives.
At the conclusion of a trial, a provision decrees their deletion. However, it may happen that they escape from destruction as sensitive archivists deliver them to other institutions, whilst many other documents have been thrown away after coming into contact with floodwaters, or - as is so often the case in our Country -, they have remained protected by oblivion.
The deletion of documents has concerned, among the others, the Piazza Fontana, the Italicus and the Bologna Massacre, whereas irrelevant objects, such as shower gel, opened packets of pasta or trainers seized in a hideout, still lie inside the boxes just like during relocation.
The photographs of this series - both the survived and the disappeared signs -, become mediators of the Memory of events that for the adult generation belong to the recent past and therefore they are inseparable from the biographic memory, whilst for the youth of today they have already become part of the History.
Through the immediacy of the photography, I wanted to establish the truthfulness of what has survived and the rest that was destroyed. The shots frame frozen signs, the memory settled into the matter constitutes the remembrance: the bullet holes in Aldo Moro’s shirt on the day of his murder and on the blanket in which he was covered, but also the Škorpion submachine gun that caused them, the impact left by the explosion of a bomb on the stonework in Piazza della Loggia and the clothing items of the victims, the riddled vehicles, the sign of the bullet on the briefcase that saved the life of an alderman from Turin, the wooden box containing the timer and batteries of the rudimental unexploded bomb discovered in Milan’s Central Station on the 154 Trieste – Paris train. The written documents, essential bearer of meanings and evidence, can be read in their entirety. The four unpublished papers from a notepad of the Italsider steel plant bequeath a detailed analysis of terrorism by the worker and trade unionist Guido Rossa before being killed. The documents have been made available by his daughter.
Lorenzo Migliorati, a researcher in the sociology of memory: “These corpora delicti, or bodies of crime, are real practices of memory, substantiated by material culture, which sediment in the narration of our (as a national community) memory. The corpora delicti will be dwelling in us and will inform our identity, even if we cannot see them until we name and go through them. Cifali’s work is powerful also for this reason: it gives shape, name and substance to objects that we would never have seen.”
Shirt A.M. - Murder of Aldo Moro (Rome, 09.05.1978)
Shirt of Aldo Moro, the leader of Democrazia Cristiana (Christian Democracy, DC) and former Italian Prime Minister, at the moment of his murder and of the discovery of the corpse in the trunk of the Renault 4 in the historic centre of Rome on 9th May 1978 after 55 days of imprisonment at the hideout in Via Montalcini 8, where a group of Brigate Rosse (Red Brigades, BR) composed of Mario Moretti, Prospero Gallinari, Germano Maccari and Anna Laura Braghetti submitted him to a political process of the so-called “People’s Court”. The Italian government refused to negotiate with the terrorists asking an exchange of prisoners and he was killed.
Brown blanket with bullet holes - Murder of Aldo Moro (Rome, 09.05.1978)
The blanket with which the Italian statesman Aldo Moro, President of the Democrazia Cristiana party (Christian Democracy, DC), was covered in the parking garage of the kidnap hideout in Via Montalcini 8 before the bullets hit him and where his corpse was found in the trunk of the Renault 4 in Via Caetani in Rome on 9th May 1978. An Italian parliamentary committee - established during the 17th parliamentary term by Law no. 82 dated 30th May 2014 -, is still investigating the kidnapping and the murder of Aldo Moro.
Destroyed stonework - Piazza della Loggia Bombing (Brescia, 28.05.1974)
The stonework destroyed by the explosion of the bomb under the portico in Piazza della Loggia in Brescia on 28th May 1974 during an anti-fascist demonstration organized by the trade unions and the Antifascist Committee. The massacre resulted in the killing of 8 people and the wounding of 103. In July 2015 - 41 years on -, the second trial took place: the court of appeal has inflicted life imprisonment to Carlo Maria Maggi, who ran the extreme right pro-fascist group Ordine Nuovo (New Order, ON) in Triveneto, and to Maurizio Tramonte, ex “Fonte Tritone” of the secret services.
Destroyed stonework fragment - Piazza della Loggia Bombing (Brescia, 28.05.1974)
A fragment of the stonework destroyed by the explosion of the bomb under the portico in Piazza della Loggia in Brescia on 28th May 1974 during an anti-fascist demonstration organized by the trade unions and the Antifascist Committee. The massacre resulted in the killing of 8 people and the wounding of 103.
Victims clothing - Piazza della Loggia Bombing (Brescia, 28.05.1974)
Clothing items belonging to the victims of Piazza della Loggia Bombing. The massacre resulted in the killing of 8 people and the wounding of 103.
One of the demonstrators umbrellas - Piazza della Loggia Bombing (Brescia, 28.05.1974)
On the day of the protest, it was raining. One of the umbrellas that was hit and riddled by the bomb fragments. The massacre resulted in the killing of 8 people and the wounding of 103.
Burnt metaphysical landscape painting - Piazza della Loggia Bombing (Brescia, 28.05.1974)
Metaphysical landscape painting burnt by the bombing explosion. The massacre resulted in the killing of 8 people and the wounding of 103.
Renault 4 (left side) - Murder of Aldo Moro (Rome, 09.05.1978)
9th May, 1978, Rome: the corpse of the politician Aldo Moro was found in the trunk of the car Renault 4, left in Via Caetani, after 55 days of imprisonment at the hideout in Via Montalcini 8, where a group of Brigate Rosse (Red Brigades, BR) formed by Mario Moretti, Prospero Gallinari, Germano Maccari and Anna Laura Braghetti put him on trial before the so-called “People’s Court ”. The Italian government refused to negotiate with the terrorists asking for a prisoner exchange for Moro’s release, and ultimately he was killed.
Renault 4 (right side) - Murder of Aldo Moro (Rome, 09.05.1978)
The Christian Democracy party had ruled every Italian governments since 1948. It was the first time that Italian Communist Party (PCI) had a government position, even if indirect. On the day on which Aldo Moro was kidnapped, Andreotti’s government obtained a large majority of votes. The DC leader Aldo Moro was a key figure in the negotiations of the so-called Historic Compromise (Compromesso storico): an accommodation between the Christian Democrats (DC) and the Italian Communist Party (PCI) led by Enrico Berlinguer.
Fiat 130 - Kidnapping of Aldo Moro (Rome, 16.03.1978)
Fiat 130 - 16th March 1978, Rome: the car with the Italian statesman Aldo Moro inside at the moment of the kidnapping in Via Mario Fani. He was with two Carabinieri: the driver Domenico Ricci and the marshal Oreste Leonardi, the head of the bodyguard team. Both were killed by the Brigate Rosse (Red Brigades, BR). The only car involved in the terrorists’ attack to be conserved and exposed at Museum of the Bureau of Motor Vehicles in Rome.
Alfetta 1.8 - Kidnapping of Aldo Moro (Rome, 16.03.1978) #1
Alfetta 1.8 - 16th March 1978, Rome: the Aldo Moro bodyguard team’s car with on board the policemen Francesco Zizzi, Giulio Rivera and Raffaele Iozzino, who were killed.
Alfetta 1.8 - Kidnapping of Aldo Moro (Rome, 16.03.1978) #2
Alfetta 1.8 - 16th March 1978, Rome: the Aldo Moro bodyguard team’s car with on board the policemen Francesco Zizzi, Giulio Rivera and Raffaele Iozzino, who were killed.
Fiat 128 - Kidnapping of Aldo Moro (Rome, 16.03.1978)
Fiat 128 - 16th March 1978, Rome: the car driven by Mario Moretti of Brigate Rosse (Red Brigades, BR) during the kidnapping of the DC leader Aldo Moro.
Alfa Romeo Giulia - Attack on the regional headquarters of the Christian Democratic Party in Piazza Nicosia (Rome, 03.05.1979)
Alfa Romeo Giulia - 3rd May, 1979, Rome: massacre in Piazza Nicosia. Attack by Brigate Rosse (Red Brigades, BR) against the regional headquarters of the Christian Democratic Party. The brigadier Antonio Mea and the Public Security officer Pierino Ollanu were killed.
Fiat Ritmo - Ambush on the Police deputy commissioner Sebastiano Vinci (Rome, 19.06.1981) #2
Fiat Ritmo - 19th June 1981, Rome: Ambush by Colonna XXVIII Marzo (Column XXVIII March) of the Brigate Rosse (Red Brigades, BR) on the Police deputy commissioner Sebastiano Vinci, Head of the Police commissioner’s office of Primavalle.
Alfa Giulia - Ambush on the Police deputy commissioner Alfonso Noce (Rome, 14.12.1976)
Alfa Giulia - 14th December 1976, Rome: assassination attempt by Nuclei Armati Proletari on the Police Deputy Commissioner Alfonso Noce, Head of Security Services in Lazio. The P.S. Officer Prisco Palumbo and Martino Zichittella, member of NAP, were murdered.
Alfa Giulia - Ambush on the Police deputy commissioner Alfonso Noce (Rome, 14.12.1976) #2
Alfa Giulia - 14th December 1976, Rome: assassination attempt by Nuclei Armati Proletari on the Police Deputy Commissioner Alfonso Noce, Head of Security Services in Lazio. The P.S. Officer Prisco Palumbo and Martino Zichittella, member of NAP, were murdered.
Autobianchi A112 - Murder of Carlo Alberto dalla Chiesa, founder of Italian Anti-terrorism Special Unit, and his wife Emanuela Setti Carraro (Palermo, 03.09.1982)
On 3rd September 1982 Carlo Alberto dalla Chiesa, founder of the Special Anti-terrorism Unit, general of the Italian carabinieri and Prefect of Palermo, and his wife Emanuela Setti Carraro, were murdered in Palermo inside an Autobianchi A112 as they were going to dinner. The heads of Cosa Nostra have been convicted of their murders as well as of Domenico Russo, Dalla Chiesa's Police bodyguard, who was on the car escorting him. The car A112 is exposed at the History Museum “Giuseppe Beccari” in Voghera.
BRIGATE ROSSE red cloth banner with yellow writing - Attack on the Christian Democratic Party seat "Luigi Perazzoli" in via Mottarone 5 (Milan, 01.04.1980)
Red cloth banner, 5 m x 50 cm, with yellow writing BRIGATE ROSSE and bearing the five-pointed star emblem. It was left in April 1980 at the Christian Democratic Party seat “Luigi Perazzoli” in via Mottarone 5 in Milan, into which the Walter Alasia column burst during a public debate held by the MP NadirTedeschi. The MP Nadir Tedeschi, the Secretary of the D.C. seat Eros Robbiani, the journalist of the daily newspaper “Il Popolo” Emilio De Buono, and the President of the Cultural Center “Carlo Perini” Antonio Iosa, were victims of kneecapping.
BRIGATE ROSSE red paper banner with white writing “FROM NORTH TO SOUTH PUT ON TRIAL THE D.C. AND ITS SLAVES” and the five-pointed star symbol - Affixed in Sesto San Giovanni (Milan, 01.07.1981)
Red paper banner, around 3 meters long, with white varnish reading “FROM NORTH TO SOUTH PUT ON TRIAL THE D.C. AND ITS SLAVES” and the five-pointed star symbol. It was affixed by the Red Brigates in Sesto San Giovanni (Milan) onto the corner of Via Fratelli Bandiera and Viale Matteotti and founded by Police officers on 1st July 1981 at 8.00 am.
Attack on “Le Nuove” Prison (Turin, 15.12.1978)
Two public security patrolmen, Salvatore Lanza and Salvatore Porceddu, were murdered at dawn by a command of the Red Brigades as they were assigned to the surveillance of the perimeter of “Le Nuove” Prison in Turin. The action is linked to the “campaign against the treatment of the political prisoners”, hardened after the institution, in July 1977, of the maximum security prison under general Carlo Alberto dalla Chiesa.
Briefcase - Attack on the Christian Democratic city councilman Dante Notaristefano (Turin, 20.04.1977)
The leather briefcase hit during the attack against Dante Notaristefano on 20th April 1977 in Turin. It saved the life of the Christian Democratic city councilman as he instinctively lifted it to shield himself against the bullet, hence he decided to keep it. The Red Brigades members were Cristoforo Piancone, Nadia Ponti and Dante Di Blasi.
74 leaflets claiming responsibility by BRIGATA XXVIII MARZO for the murder of the journalist Walter Tobagi (Milan, 28.05.1980)
74 leaflets by terrorist group Brigata XXVIII Marzo (28th of March Brigade) claiming responsibility for the murder of Walter Tobagi, journalist of the Corriere della Sera, on 28th May 1980 in Milan. They were found in Milan on the footbridge of the Porta Genova railway station (21 copies), inside the rooms 101 (24) and 201 (14) of the Università Statale in Milan and in the flowerbed in front of the entrance of the Cooperativa editrice Bocconiana in via Bocconi 22 (15).
4 unpublished papers with a detailed analysis of terrorism by Guido Rossa before being killed on 24 January 1979 (Genoa, 1978)
Trascrizione del testo
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TERRORISMO:
Dopo nove anni sta per concludersi la vicenda processuale della strage di piazza Fontana. Il rappresentate della pubblica accusa ha avanzato le sue richieste (ergastolo per gli uomini della trama nera e assoluzione per gli anarchici) sulla base non più del sospetto ma delle prove, le quali hanno confermato una verità che è terribile. Sì, si è trattato di un complotto politico vasto, ramificato con cui si è tentato di abbattere la Repubblica. Ci volevano togliere la libertà. Fu chiaro a tutti che il senso della trama nera era politico: creare il disordine per invocare l’ordine e liquidare, così, il 68 isolando la classe operaia. La risposta fu altrettanto politica. Così la battaglia fu vinta anche se i colpevoli restarono impuniti.
E così anche questa vicenda come tutte quelle degli ultimi anni, ci spinge a riflettere su un problema di fondo: la Repubblica vive, ormai da un decennio sotto una continua minaccia. Il terrorismo non si muove nel vuoto. Trova complici, ma anche chi, lontanissimo dai suoi scopi, si illude di utilizzarne
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gli aspetti politici si copre di colpe e di errori. Non c’è solo stupidità nel tentativo di confondere la rivolta individuale e l’assalto corporativo con la lotta di classe.
Molte forze premono per logorare la politica di solidarietà democratica, lo sforzo per fronteggiare l’emergenza rischia di fallire. Ma da dove nascono queste forze disgreganti? Per capire la natura dello scontro politico in atto si deve partire dal grande problema politico posto dal 20 giugno. Nel momento in cui un partito comunista, per la prima volta nella storia dell’Occidente capitalistico, raggiungeva il 34% dei voti e arrivava a toccare la soglia del governo, era evidente che si apriva un problema ben più grosso di quello della maggioranza parlamentare. Il vecchio mondo reazionario italiano, che sta in certi gangli decisivi dello Stato e del potere, e che è molto potente, e che sente che i suoi interessi sono minacciati, non può accettare che si sviluppi, per la prima volta nella storia italiana, in forme pacifiche, legali, parlamentari, una profonda rivoluzione democratica.
Moro conosceva benissimo l’esistenza di questo problema. Di qui il lungo indugio e poi la
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cauta ma ferma decisione di andare avanti, di accettare la sfida in positivo, di giocarla sul terreno dell’impegno comune per la difesa della democrazia. È stato ucciso per questo.
Il Terrorismo è il prodotto di una crisi attorno al quale si giocano i destini del movimento operaio e della nazione. (*) Per frustrare ogni tipo di manovra e per tagliare l’erba sotto i piedi del terrorismo, e la politica di radicali riforme che deve finalmente imboccare la strada giusta, ed è anche la sete di giustizia che sale dal Paese che deve trovare una rigorosa risposta.
Troppo scarsa è ancora la quantità di politica che riusciamo a riversare nelle nostre iniziative di lotta. La vera posta in gioco, oggi, è la trasformazione dello Stato: o ci muoviamo coerentemente a questo livello, o il terrorismo continuerà a trovare spazio. Non c’è vigilanza che tenga. Bisogna riuscire a saldare strettamente gli obbiettivi di sviluppo economico con quelli di trasformazione democratica dello Stato. La lotta al terrorismo passa da qui, perché è qui, nello spazio che separa la classe operaia dallo Stato, che il terrorismo si insinua. Dobbiamo riempire questo spazio. Ed è questa in ultima analisi la forma più valida di vigilanza.
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Le BR in fabbrica qualche fabbrica ci sono state e ci sono: hanno trovato una propria base sociale in una sia pur ristrettissima fascia di impiegati tecnici, nella nostra fabbrica è proprio tra questi che si trovano i fiancheggiatori, …
Il fascino della clandestinità e della lotta armata non ha mai neppure sfiorato gli operai. Né il “meridionale” portato di peso dalla campagna alla catena di montaggio, trapiantato in una città che lo respingeva è stato mai l’acqua in cui il pesce-terrorismo si è mosso. Anzi questo meridionale è stato la spina dorsale di un grande movimento rivendicativo su cui ancora oggi si fondano le speranze di un profondo rinnovamento del Paese.
Metal plate found in Sempione Park, headed "Here, the murderers of Pinelli" (Milan, 12.1975)
Metal plate headed "Here they are the murderers of Pinelli”. It was found in Sempione Park in Milan in 1975, coinciding with the anniversary of the death of Giuseppe Pinelli on 15th December 1969 and two months after the final inquiry: his death was due to an "active illness".
BRIGATE ROSSE - Rivoluzione della Direzione Strategica, February 1978
La lotta politica di Avanguardia Nazionale
Cigarette butts and candy wrappers found inside Brigate Rosse Fiat 128 - Kidnapping of Aldo Moro (Rome, 16.03.1978)
The cigarette butts and candy wrappers found inside the car Fiat 128 driven by Mario Moretti of Brigate Rosse during the kidnapping of the Christian Democratic leader Aldo Moro on 16th March 1978.
Bullet and two bullet fragments found at “Carla”, Cecilia Massara, of Brigate Rosse (Rome, 14.12.1984)
The bullet and two bullet fragments found at “Carla”, Cecilia Massara, of Brigate Rosse. She was hit during the attack on a night security guard armoured vehicle on 14th December 1984 in Rome. Antonio Gustini, “Vittorio”, was murdered and two security guard were wounded.
Molgora Starter Automatic Pistol cal. mm 8 and blanks. Legal report regarding Giovanni Ventura of Ordine Nuovo (Milan, 1980)
The Molgora Starter Automatic Pistol with shoot blanks is related to the Legal report regarding Giovanni Ventura, terrorist member of Ordine Nuovo (New Order).
BÖHMISCHE WAFFENFABRIK A.G. IN PRAG Pistole Modell 27 cal. 7.65 - Legal report regarding the accused V. Fioravanti, G. Vale, F. Mambro and L. Ciavardini of Nuclei Armati Rivoluzionari for killing of the policeman Francesco Evangelista (Rome, 28.05.1980)
The Modell 27 is a weapon used by the members of Nuclei Armati Rivoluzionari (Armed Revolutionary Nuclei, NAR) Valerio Fioravanti, Giorgio Vale, Francesca Mambro and Luigi Ciavardini in connection with the murder of the policeman Francesco Evangelista outside the State High School Giulio Cesare in Rome on 28th May 1980.
The wooden box (closed) containing the timer of the rudimental unexploded bomb discovered in Milan's Central Station on the 154 Trieste - Paris train (Milan, 08.08.1969)
The wooden box containing the timer and batteries of the rudimental unexploded bomb discovered in Milan's Central Station on the 154 Trieste - Paris train and related to the series of attacks occurred on 8th and 9th August 1969, for which Franco Freda and Giovanni Ventura of Ordine Nuovo (New Order) were convicted.
The wooden box (opened) containing the timer of the rudimental unexploded bomb discovered in Milan's Central Station on the 154 Trieste - Paris train (Milan, 08.08.1969)
The wooden box containing the timer and batteries of the rudimental unexploded bomb discovered in Milan's Central Station on the 154 Trieste - Paris train and related to the series of attacks occurred on 8th and 9th August 1969, for which Franco Freda and Giovanni Ventura of Ordine Nuovo (New Order) were convicted.
ČZ Škorpion vz. 61 cal. mm 7.65 submachine gun - Found in the Movimento Proletario Resistenza Offensivo hideout in Viale Giulio Cesare 47 during the arrest of Adriana Faranda and Valerio Morucci, ex Brigate Rosse terrorists (Rome, 29.05.1979)
The submachine gun Škorpion - considered the weapon used to kill the Italian statesman Aldo Moro -, was found on 29th October, 1979 during the arrest of Adriana Faranda and Valerio Morucci in an apartment in Viale Giulio Cesare 47 in Rome, owned by Giuliana Conforto, a former militant of Potere Operaio (Worker Power, Pot.Op.). After the murder of the leader of the Christian Democracy party, the terrorists Faranda and Morucci left the Roman column of the Red Brigades and founded the Movimento Comunista Rivoluzionario (Revolutionary Communist Movement, MCR).
ITALIANO
SEGNIE IMMAGINI DELLA MEMORIA COLLETTIVA.
La fotografia di Gigi Cifali e i corpi di reato.
Di Lorenzo Migliorati
Ricordare non è un atto neutro. Fare memoria del passato, specie di quello che riguarda noi e non soltanto me, è un atto complesso e il prodotto di un processo culturale dinamico e delicato.Anzitutto, noi non ricordiamo tutto, ma soltanto quelle parti del nostro ieri che riteniamo importanti oggi per il nostro domani. Così, la memoria è un processo lungo; un fatto collettivo che accade oggi, gravato del passato, ma che guarda al futuro. Nessuno di questi tre tempi può essere tralasciato. Chi ricorda non ha, dunque, a che fare soltanto con il proprio passato, ma ha a che fare con se stesso che, nel presente, guarda al proprio passato, progettando il proprio futuro. E poi ricordiamo ciò che ci definisce, che dice qualcosa di noi, della nostra storia e della nostra identità. «Meditate che questo è stato» scriveva memorabilmente Primo Levi. La forma verbale di quel passato prossimo scolpisce nella coscienza collettiva universale il sigillo dell’irrevocabilità e il margine irreversibile del mai più. L’utopia – nel senso del luogo del non ancora – della storia come maestra di vita sta racchiusa tutta qui: siamo ciò che abbiamo fatto, non possiamo che essere ciò che siamo stati perché il tempo corre in avanti e il passato non scompare. Lo potremo rimuovere o sublimare; potremo distogliere lo sguardo o dimenticare, ma esso sarà lì. È il senso del trauma, dell’evento destabilizzante in grado di sconvolgere per sempre l’identità di colui che lo vive. Non lo si può semplicemente trasformare in oblio, occorre attraversarlo, nominarlo, guardarlo, fargli posto per poterlo superare. Così, ricordare il passato è la via maestra per comprendere chi siamo.
Infine, non vi può essere memoria senza spazio per l’oblio. Non ricorda chi non può dimenticare. Lo sa bene Ireneo Funes, il memorabile e memorioso personaggio uscito dalla penna di Jorge Luis Borges nella cui mente si deposita ogni minimo dettaglio di ogni minimo accadimento di ogni più breve istante: «ho più ricordi io da solo, di quanti non ne avranno avuti tutti gli uomini insieme, da che mondo è mondo» – dice. Non ha memoria; solo una marea montante di informazioni che gli ammazzano la mente: «nel mondo sovraccarico di Funes non c’erano che dettagli, quasi immediati» cosicché, conclude, «la mia memoria, signore, è come un deposito di rifiuti».
Dunque, fare memoria significa selezionare il passato da ricordare, scegliere che cosa conservare e che cosa lasciar andare e ricostruire oggi quel che è accaduto per trasmetterlo alle generazioni future. La memoria è una costruzione sociale che si fonda sulla relazione tra gli individui e i gruppi sociali ai quali partecipa, per il tramite degli eventi del passato.
Tuttavia, così, la memoria è fatta di un materiale etereo e fragile dai confini incerti e indefiniti: è fatta di rappresentazioni sociali, di ciò che noi, insieme, pensiamo di noi, insieme. Per questo essa ha bisogno di sostanziarsi in qualche cosa di tangibile e concreto che ci permetta di dare forma ai ricordi. Si pensi alla potenza rammemoratrice che gli odori, i profumi, i colori, i sapori le immagini o i suoni hanno per ciascuno di noi. Dal punto di vista sociale, la memoria collettiva si sedimenta in complessi di pratiche più o meno condivise, formali e oggettive in cui si esteriorizzano le rappresentazioni sociali del passato. Discorsi, rituali, gesti, luoghi, ricorrenze, norme, immagini e quant’altro concorra a narrare un passato collettivo, ne sono validi esempi.
E oggetti. L’arte fotografica di Gigi Cifali in “Images and Signs: Italy, 1969-89” abita proprio questa piccola sezione finita dell’enorme complessità della memoria del recente passato politico dell’Italia degli anni di piombo. Lo fa con lo sguardo dell’artista, da sempre meno suddito e più libero, quindi più veloce ancorché forse meno specifico, di quello dello scienziato, e dello scienziato sociale in particolare. I corpi di reato delle grandi vicende giudiziarie degli anni del terrorismo in Italia sono vere e proprie pratiche di memoria, sostanziate di cultura materiale, che sedimentano la narrazione della nostra (nel senso di comunità nazionale) memoria. Essi si stagliano sul fondo nero di storie che faticano a raccapezzarsi tra verità storiche e verità giudiziarie, tra reticenze e sospetti, porti delle nebbie, armadi della vergogna, vecchi e nuovi fasci di luce. Non a caso, dove i corpi di reato non ci sono più rimane soltanto il fondo nero.
Sarei nato meno di una settimana dopo Via Caetani. Non ho memoria del caso Moro. Lo conosco grazie a Leonardo Sciascia, alla scuola, alla televisione, al cinema, alla radio, ad internet, agli archivi storici dei quotidiani. La mia è la prima generazione che può sapere tutto del passato della propria gente potendo scegliere come scoprirlo. Eppure, la camicia che il sangue di Aldo Moro aveva imbrattato poche ore prima che venissi al mondo io non l’avevo mai vista.
Sento chiaramente che quell’oggetto – questo corpo di reato – mi dice, più di tutto, che questo è stato, che in quell’immagine ci sono io come parte di un irrinunciabile noi (si badi bene che quel noi è tanto la vittima, quanto il carnefice, quanto il salvatore, quanto l’osservatore esterno più o meno interessato; noi siamo questo e l’obiettivo della macchina fotografica di Cifali su quella camicia, come sugli altri corpi di reato, inquadra, per paradosso, il medesimo punto osservazione di chi ha sparato). Così facendo, il corpo di reato mi dice chi sono e chi siamo e mi richiama alla mia identità. Infine, il destino di questi reperti sparsi mi restituisce il senso di corpi sospesi; sospesi a metà lungo il sottile crinale che separa la memoria dall’oblio. Basterebbe poco per dare loro una collocazione e uno spazio adeguati, mi ha detto Gigi parlando del suo lavoro e della “memoria per caso” che in esso rappresenta. Aggiungo io: basterebbe poco per dimenticare tutto.
Più dell’alternativa mutuamente esclusiva tra ricordare e dimenticare, tra tenere per forza e perdere per colpa, mi spaventa l’idea che possiamo temere che questi oggetti smettano di parlare di noi. Non lo faranno, sia che li vediamo, sia che vadano perduti. I corpi di reato ci abiteranno e informeranno la nostra identità, anche se non li vedremo, finché non li nomineremo e li attraverseremo.
Il lavoro di Cifali è potente anche per questo: dà forma, nome e sostanza ad oggetti che avremmo potuto non vedere mai. E mostrandoceli, ci crea lo spazio per lasciarli andare. Nella nostra memoria finalmente pacificata.
Verona, Ottobre 2015
Alexander J. (2006), La costruzione del male. Dall’Olocausto all’11 settembre, Il Mulino, Bologna.
Borges J.L. (1956), Finzioni (1935-1944), Einaudi, Torino.
Halbwachs M. (1949), La mémoire collective, Puf, Paris.
Jedlowski P. (2002), Memoria, esperienza e modernità. Memorie e società nel XX secolo, Franco Angeli, Milano.
Ricoeur P. (2000), La memoria, la storia, l’oblio, Raffaello Cortina, Milano.
Sciascia L. (1978), Il caso Moro, Sellerio, Palermo.
Lorenzo Migliorati è ricercatore in sociologia dei processi culturali presso l’Università di Verona. Si occupa di sociologia della memoria e di sociologia dei consumi.
Tra le sue pubblicazioni: Eternal Recurrence of (almost) the Same. Nostalgia in Italian Advertising from Carmencita and Gringo to Jake la Furia (Verona, 2014), La memoria difficile in Italia. Trauma culturale e pratiche commemorative della Resistenza (con L. Mori, Milano, 2013), L’esperienza del ricordo. Dalle pratiche alla performance della memoria collettiva (Milano, 2010) e La forza sociale della memoria. Esperienze, culture, confini (Roma, 2010). Al pensiero di Maurice Halbwachs, pioniere degli studi sulla memoria collettiva, ha dedicato: Maurice Halbwachs: classical sociology after the Classics (Verona, 2015) e Al falò della vita sociale. Maurice Halbwachs e la sociologia dei consumi (Roma, 2014).
ENGLISH
SIGNS AND IMAGES OF THE COLLECTIVE MEMORY
Gigi Cifali’s photographic art and the corpora delicti.
By Lorenzo Migliorati
Remembering is not a neutral act. Keeping the memory of the past alive, particularly the one related to us and not only to me, is a complex act and the result of a dynamic and delicate cultural process.
First of all, we do not remember everything, but only those parts of our yesterday that we deem important today in view of our tomorrow. Therefore, memory is a long process; a collective fact that occurs today, weighed down by the past, but that looks at the future. None of these three times can be neglected. Those who remember, therefore, do not have to deal only with their own past, but also with themselves who, in the present, look back at their own past, planning their future.
And then we remember what defines us, which says something about us, of our story and of our identity. «Meditate that this came about » wrote memorably Primo Levi. The past simple tense engraves the seal of irrevocability and the irreversible margin of the never again on the universal collective conscience. The utopia – in the sense of the place of the not yet – of the history as the teacher of life, lies here: we are what we did, we cannot be what we were because time runs forward and the past does not disappear. We might remove it or sublimate it; we may avert our gaze, but it will stay there. It is the sense of trauma, of the destabilising event that may upset for ever the identity of those who experience it. One cannot simply change into oblivion, one has to go through it, name it, look at it, make room for it in order to overcome it. Hence, remembering the past is the main route to understand who we are.
Finally, there cannot be any memory without any room for oblivion. Those who cannot forget cannot even remember. Ireneo Funes knows it perfectly, the memorable and memorious character penned by Jorge Luis Borges. He preserves in his memory everything that he sees, he is able to perceive every minute occurrence in its tiniest detail: «I have more memories in myself alone than all men have had since the world was a world» – he says. He has no memory; only a vast amount of information that kills his mind: « In the overly replete world of Funes there were nothing but details, almost contiguous details», thus, he concludes, « my memory, sir, is like a garbage disposal».
Hence, keeping the memory alive means to select the past to remember, to choose what to keep and what to let go and to re-build today what happened in the past in order to transmit it to the succeeding generations. Memory is a social construction based on the relationship between individuals and the social groups in which it participates, through the past events. However, memory is thereby made of an ethereal and fragile matter with uncertain and undefined boundaries: it is made of social representations, of what we, together, think of us, together. Hence, it needs to be substantiated through something more tangible and concrete in order to vive shape to the memories.
Consider, for example, the evoking power that odours, scents, colours, flavours, images or sounds have on each of us. From the social point of view, the collective memory settles in a complex system of practices, more or less accepted, formal and objective, where the social representations of the past become manifest. Conversations, rituals, gestures, places, events, rules, images anything else that contributes to the narration of a collective past, are valid examples. And objects. Gigi Cifali’s photographic art in “Images and Signs: Italy, 1969-89” dwells in this small finished section of the enormous complexity of the memory of the recent Italian political past during the so-called anni di piombo or years of lead. He captures it by the artist’s lens, offering a less servile and freer look, therefore quicker, even though possibly less specific, than a scientist’s look, in particular of the social scientist. The corpora delicti, or bodies of crime, of relevant judicial events related to the terrorist attacks in Italy are real practices of memory, substantiated by material culture, which sediment in the narration of our (as a national community) memory. They stand out against the dark background of stories that struggle to find their bearings among the historical and the legal truths, between reticence and suspects, ports of shadows, armoires of shame, old and new beams of light. It is no coincidence, in fact, that, where the corpora delicti have disappeared only a black background remains.
I was born less than a week after Moro's corpse was found in Via Caetani. I have no memory of the Moro case. I know him thanks to Leonardo Sciascia, to the school, the television, the cinema, the radio, the Internet, the newspapers’ historic archives. Mine is a generation that can know everything about the past of their own people, having the possibility to choose how to discover it. Yet, I had never seen the shirt that Aldo Moro’s blood had spattered few hours before my birth.
I clearly feel that this object - this corpus delicti - tells me, more than anything else, that this came about, that in that image there is me as part of an undeniable us (bear in mind that the us is both the victim and the executioner, the saviour, the external - more or less interested - observer; we are this and the lens of Cifali’s camera on that shirt, as well as on the other bodies of crime, paradoxically focuses the same observation point of the man who shot). In so doing, The body of crime tells me who I am and who we are and it reminds me of my identity. Finally, the fate of these scattered finds brings to my mind an image of suspended bodies; suspended halfway along the fine edge between memory and oblivion. We do not need much to provide them a suitable location and a space, Gigi told me as he was talking about his work and the “memory by chance” that it represents. And I add: it takes little to forget everything.
More than the mutually exclusive alternative between remembering and forgetting, between keeping perforce and losing as a result of negligence, what frightens me is the idea that one day these objects may stop to talk about us. It won’t happen, whether we will see them or they will be lost. The corpora delicti will be dwelling in us and will inform our identity, even if we cannot see them until we name them and go through them.
Cifali’s work is powerful also for this reason: it gives shape, name and substance to objects that we would never have seen. And by showing them, he provides us with the space to let them go. In our memory finally pacified.
Verona, October 2015
Alexander J. (2006), La costruzione del male. Dall’Olocausto all’11 settembre, Il Mulino, Bologna.
Borges J.L. (1956), Finzioni (1935-1944), Einaudi, Torino.
Halbwachs M. (1949), La mémoire collective, Puf, Paris.
Jedlowski P. (2002), Memoria, esperienza e modernità. Memorie e società nel XX secolo, Franco Angeli, Milano.
Ricoeur P. (2000), La memoria, la storia, l’oblio, Raffaello Cortina, Milano.
Sciascia L. (1978), Il caso Moro, Sellerio, Palermo.
Lorenzo Migliorati is an Italian researcher in sociology of cultural and communicative processes at the University of Verona, Italy. His research is devoted to the sociology of memory and the sociology of consumption. Among his publications are: La memoria difficile in Italia. Trauma culturale e pratiche commemorative della Resistenza (con L. Mori, Milan, 2013), L’esperienza del ricordo. Dalle pratiche alla performance della memoria collettiva (Milan, 2010) and La forza sociale della memoria. Esperienze, culture, confini (Rome, 2010). He dedicated the book: Al falò della vita sociale. Maurice Halbwachs e la sociologia dei consumi (Rome, 2014) to Maurice Halbwach, pioneer of the studies on collective memory.
Images and Signs: Italy, 1969-89. Practices of Memory, Gigi Cifali, 2013-15
IMAGES AND SIGNS: ITALY, 1969-89
PRACTICES OF MEMORY
C-print Fuji Matt Crystal archive paper, © 2013 - 2015
ITALIANO
La serie fotografica “Images and Signs: Italy, 1969-89. Practices of Memory”, realizzata tra il 2013 e 2015, ripercorre gli anni di piombo, due decenni che ancora oggi rimangono cosparsi di ombre e in cerca di verità anche attraverso un’incessante produzione di libri e film sul tema, commissioni parlamentari e addirittura il processo d’appello per la strage di Piazza della Loggia nel lontano 1974.
La visione di alcuni documentari mi ha dimostrato quanto, purtroppo, limitata fosse la conoscenza che avevo di questo periodo storico tutt’oggi condizionato da verità dissimulate e pertanto privato di una condivisa rappresentazione socialmente legittimata. Questa constatazione mi ha spinto ad interrogarmi sui meccanismi che regolano la trasmissione della Memoria collettiva e sul ruolo degli archivi.
Il filosofo e sociologo Maurice Halbwachs sostiene che ogni gruppo sociale conserva in maniera selettiva immagini del passato trattenendo ciò che è funzionale agli interessi del presente. Il passato lascia tracce, ma poi è il presente che ricorda.
E come afferma il filosofo Jacques Derrida in “Mal d’archive, une impression freudienne”: non esiste potere politico senza controllo dell’archivio, se non della memoria.
Ho deciso di procedere a ritroso cercando reperti - tangibili e visivamente meno conosciuti all’opinione pubblica -, del terrorismo ideologico di sinistra e stragista di destra della strategia della tensione che hanno devastato l’Italia tra il 1969 e 1989. Non c’è ricordo senza conoscenza e per ricordare bisogna consultare anche gli archivi. Grazie all’importante supporto di funzionari del Ministero dell’Interno, della Giustizia e dell’Arma, mi è stato consentito di accedere agli archivi e agli autocentri, dove vengono custoditi i corpi di reato sequestrati nei covi dei terroristi, gli effetti personali ritrovati addosso alle vittime, le automobili colpite durante gli agguati.
I depositi della Memoria preservano attraverso il tempo sottostando, ovviamente, ai limiti che impongono le capacità di immagazzinamento. Selezione, smistamento e smaltimento sono altrettanto decisivi di qualsiasi azione di raccolta e conservazione. Inoltre, i criteri di valutazione che le regolano, possono non essere condivisi dalle generazioni successive. Alla stregua di un’esplorazione archeologica non ho avuto modo di prevedere cosa sarei riuscito a riportare a galla. Molti oggetti che avrei voluto ritrarre non esistono più, mentre altri, per ora salvi, si stanno deteriorando. L’assenza di informazione, in cui mi sono imbattuto, non contraddistingue solo la conoscenza che ereditiamo, ma riguarda in maniera intrinseca la natura degli archivi: essi sono al contempo luoghi di vuoti di informazione.
Si innesca una riflessione, particolarmente attuale e sentita, sulla conservazione di documenti e altre prove tangibili di un pezzo di storia significativo. Ricordare come anche non ricordare è un’attività sociale con un lato etico: dimenticare è colpa.
La Memoria possiede un carattere distributivo, in quanto viene veicolata da testi, documenti e immagini che entrano in relazione tra loro contribuendo a costruire un senso coeso del passato, imprescindibile per la costruzione di un’identità attuale. I suoi custodi saranno sempre più coloro che hanno il potere di decidere cosa riprodurre su supporti più durevoli.
In Italia lo stiamo vivendo anche con i documenti e i corpi di reato dei grandi processi del terrorismo nero e rosso. Basti pensare che le lettere autografe dell’On. Aldo Moro dalla prigionia avrebbero subito un deterioramento irreversibile se fossero rimaste nell’archivio del Tribunale di Roma ad aspettare il termine di quarant’anni previsto per il versamento all’Archivio Centrale di Stato. Sono, invece, andati al macero centinaia di oggetti-prove nonostante la loro straordinaria forza evocativa e simbolica. Puntuali ispezioni ministeriali cancellano, difatti, la storia giudiziaria distruggendo importanti testimonianze affidate ai sotterranei di tribunali e ai depositi della Polizia.
Quando i processi si concludono, un provvedimento decreta la loro eliminazione. Ma accade anche che riescano a sfuggirvi perché archivisti più sensibili le segnalano a istituzioni che le prendono in carico, mentre tante ancora prima di logorarsi sono state gettate in seguito ad inondazioni oppure - come spesso accade nel nostro Paese -, sono rimaste protette nell’oblio. Le eliminazioni hanno toccato anche le Stragi di Piazza Fontana, dell’Italicus e di Bologna, mentre insignificanti oggetti come bagnoschiuma, confezioni aperte di pasta o scarpe da ginnastica sequestrate in un covo giacciono ancora nei cartoni alla pari di un trasloco qualsiasi.
La gestione degli archivi e la loro accessibilità è l’ennesima annosa questione di un patrimonio pubblico non del tutto tutelato. I processi per la Strage di Piazza Fontana sono stati digitalizzati, ma moltissimi altri rimangono a rischio. Il governo in carica ha disposto la declassificazione degli atti di alcune stragi -
Ustica, Peteano, Italicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Gioia Tauro, Stazione di Bologna e Rapido 904 -, che non sono più coperti dal segreto di Stato, ma non portano alla luce nulla di celato.
Le criticità non mancano: capacità limitate di immagazzinamento, scarse risorse per stipendiare personale con competenze adeguate, mancanza di criteri che stabiliscano cosa non va distrutto bensì condiviso, complessità dei processi che si sono trascinati per decenni e in città diverse, …
Le immagini di questa serie - sia le tracce sopravvissute che quelle scomparse -, assurgono a mediatori della Memoria di accadimenti che per la generazione adulta appartengono al passato recente e come tali sono indivisibili dalla memoria biografica che ne difende il ricordo, mentre per i giovani sono già parte della Storia.
L’immaginario collettivo attinge soprattutto dalle riprese e dalle fotografie in bianco e nero dell’epoca, che hanno avuto una maggiore diffusione attraverso i media. Pertanto succede che i segni restituiti da questo lavoro, a colori, non vengano riconosciuti, seppure appartengono ai momenti centrali che hanno determinato il corso della storia d’Italia negli ultimi cinquant’anni.
Rispetto al mio vissuto personale, essendo nato nel 1975, ha richiamato reminiscenze d’infanzia, anche di quando mio padre - operaio sindacalista al reparto meccanico dell’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco -, rientrava a casa anticipatamente e raccontava delle manifestazioni in fabbrica e dei mancati accordi con i quadri dirigenziali.
Attraverso l’immediatezza del mezzo fotografico e con la precisione nei dettagli del grande formato, ho voluto attestare la veridicità di quanto è stato preservato e del restante andato distrutto.
Le inquadrature ritagliano segni congelati, il ricordo sedimentato nella materia costituisce la memoria: i fori sulla camicia che indossò l’Onorevole Moro il giorno della sua uccisione e sulla coperta in cui fu avvolto, ma anche la mitraglietta Škorpion che li provocò, la pietra dilaniata dall’ordigno scoppiato sotto i portici di Piazza della Loggia e gli indumenti delle vittime, le carrozzerie crivellate, l’impronta del proiettile sulla valigetta che salvò la vita ad un consigliere comunale di Torino, la cassetta di legno con timer e pile della bomba rudimentale inesplosa trovata alla Stazione Centrale di Milano sul treno 154 Trieste - Parigi. I quattro fogli inediti di un block notes dell’Italsider tramandano l’attenta analisi che l’operaio e sindacalista Guido Rossa fa del terrorismo poco prima di essere assassinato. A metterli a disposizione è stata sua figlia.
Un testo, che spiega il fatto storico, integra e convalida le informazioni visive.
Lorenzo Migliorati, studioso di sociologia della memoria: “Questi corpi di reato sono vere e proprie pratiche di memoria, sostanziate di cultura materiale, che sedimentano la narrazione della nostra (nel senso di comunità nazionale) memoria. Ci abiteranno e informeranno la nostra identità, anche se non li vedremo, finché non li nomineremo e li attraverseremo. Il lavoro di Cifali è potente anche per questo: dà forma, nome e sostanza ad oggetti che avremmo potuto non vedere mai.”
ENGLISH
“Images and Signs: Italy, 1969-89. Practices of Memory” has been conceived between 2013 and 2015. The series retraces the period known in Italy as the Years of Lead, referring to the vast number of bullets fired, two decades over which shadows still loom, along with lots of loose ends and unanswered questions giving rise to a rich production of books and feature films, parliamentary committees and even to the trial for the massacre of Piazza della Loggia in 1974. The view of some documentaries regrettably showed me how limited was my knowledge of this historical period, still marked by concealed truths and therefore bereft of a shared and socially legitimized representation. Such realization prompted me to investigate the mechanisms that regulate the transmission of Collective Memory. The philosopher and sociologist Maurice Halbwachs asserts that every social group selects different images from the past as a function of our social present. The past leaves traces, but then it is the present to remember. And as the philosopher Jacques Derrida argues in Mal d’archive, une impression freudienne, “ there is no political power without control of the archive, if not memory.”
Thus, I decided to work backward, seeking any tangible, shelved evidence, which was visually not yet fully known to the general public, from Italy’s years of terror between 1969 and 1989. There is no Memory without learning and in order to remember we should have access to archival information. Thanks to the significant support given by several officials in the Italian Ministry of Interior and of Justice, and by the Army, I was allowed to access the archives and the auto-centers, where the corpora delicti seized from the hide-outs of the terrorists, the personal effects found on the victims, the vehicles involved in ambushed, are kept.
The repository of Memory preserves through time subject, obviously, to the limits on the memory storage capacity. Selection, sorting and disposal are just as decisive as any action of collection and storage. Moreover, the evaluation criteria governing them might not be agreed on by the next generations. Like an archaeological exploration, I could not predict what I would have been able to bring back to the surface. Several objects and items that I wished I could portray no longer exist, whereas the other, which remains preserved, for the time being, is deteriorating. The lack of information I came across does not characterize only the inherited knowledge, but it intrinsically concerns the nature of the archives: they are at the same time places void of any information. Hence, this triggers a deep and relevant reflection about the retention and prevention of records and of other tangible evidence of a momentous event in Italian history. Remembering, as much as not remembering, is a social act with an ethical side: forgetting is a crime.
Memory has a distributive character, as it is conveyed by texts, documents and images that are related one to the other thus contributing to building a cohesive sense of our past, which is fundamental to lay the foundations for the emergence of a common social identity. Its keepers will increasingly be those who have the power to decide what information should be reproduced on more durable mediums.
In Italy, we are experiencing and witnessing this also with the documents and the corpora delicti from the major terror trials. Suffice it to think that the original letters written by Christian- Democrat leader Aldo Moro during the days of his abduction would have suffered an irreversible deterioration if they had been left in the Archive of the Court of Rome waiting for the end of the forty-year term in order to be transferred to the Italian State Central Archive. Unfortunately, hundreds of items have been destroyed despite their evocative and symbolic power. On-the-spot ministerial inspections delete, indeed, the judicial history destroying important evidence and records kept in vaults in the courthouse basements and in the Police archives.
At the conclusion of a trial, a provision decrees their deletion. However, it may happen that they escape from destruction as sensitive archivists deliver them to other institutions, whilst many other documents have been thrown away after coming into contact with floodwaters, or - as is so often the case in our Country -, they have remained protected by oblivion.
The deletion of documents has concerned, among the others, the Piazza Fontana, the Italicus and the Bologna Massacre, whereas irrelevant objects, such as shower gel, opened packets of pasta or trainers seized in a hideout, still lie inside the boxes just like during relocation.
The photographs of this series - both the survived and the disappeared signs -, become mediators of the Memory of events that for the adult generation belong to the recent past and therefore they are inseparable from the biographic memory, whilst for the youth of today they have already become part of the History.
Through the immediacy of the photography, I wanted to establish the truthfulness of what has survived and the rest that was destroyed. The shots frame frozen signs, the memory settled into the matter constitutes the remembrance: the bullet holes in Aldo Moro’s shirt on the day of his murder and on the blanket in which he was covered, but also the Škorpion submachine gun that caused them, the impact left by the explosion of a bomb on the stonework in Piazza della Loggia and the clothing items of the victims, the riddled vehicles, the sign of the bullet on the briefcase that saved the life of an alderman from Turin, the wooden box containing the timer and batteries of the rudimental unexploded bomb discovered in Milan’s Central Station on the 154 Trieste – Paris train. The written documents, essential bearer of meanings and evidence, can be read in their entirety. The four unpublished papers from a notepad of the Italsider steel plant bequeath a detailed analysis of terrorism by the worker and trade unionist Guido Rossa before being killed. The documents have been made available by his daughter.
Lorenzo Migliorati, a researcher in the sociology of memory: “These corpora delicti, or bodies of crime, are real practices of memory, substantiated by material culture, which sediment in the narration of our (as a national community) memory. The corpora delicti will be dwelling in us and will inform our identity, even if we cannot see them until we name and go through them. Cifali’s work is powerful also for this reason: it gives shape, name and substance to objects that we would never have seen.”
Shirt A.M. - Murder of Aldo Moro (Rome, 09.05.1978)
Shirt of Aldo Moro, the leader of Democrazia Cristiana (Christian Democracy, DC) and former Italian Prime Minister, at the moment of his murder and of the discovery of the corpse in the trunk of the Renault 4 in the historic centre of Rome on 9th May 1978 after 55 days of imprisonment at the hideout in Via Montalcini 8, where a group of Brigate Rosse (Red Brigades, BR) composed of Mario Moretti, Prospero Gallinari, Germano Maccari and Anna Laura Braghetti submitted him to a political process of the so-called “People’s Court”. The Italian government refused to negotiate with the terrorists asking an exchange of prisoners and he was killed.
Brown blanket with bullet holes - Murder of Aldo Moro (Rome, 09.05.1978)
The blanket with which the Italian statesman Aldo Moro, President of the Democrazia Cristiana party (Christian Democracy, DC), was covered in the parking garage of the kidnap hideout in Via Montalcini 8 before the bullets hit him and where his corpse was found in the trunk of the Renault 4 in Via Caetani in Rome on 9th May 1978. An Italian parliamentary committee - established during the 17th parliamentary term by Law no. 82 dated 30th May 2014 -, is still investigating the kidnapping and the murder of Aldo Moro.
Destroyed stonework - Piazza della Loggia Bombing (Brescia, 28.05.1974)
The stonework destroyed by the explosion of the bomb under the portico in Piazza della Loggia in Brescia on 28th May 1974 during an anti-fascist demonstration organized by the trade unions and the Antifascist Committee. The massacre resulted in the killing of 8 people and the wounding of 103. In July 2015 - 41 years on -, the second trial took place: the court of appeal has inflicted life imprisonment to Carlo Maria Maggi, who ran the extreme right pro-fascist group Ordine Nuovo (New Order, ON) in Triveneto, and to Maurizio Tramonte, ex “Fonte Tritone” of the secret services.
Destroyed stonework fragment - Piazza della Loggia Bombing (Brescia, 28.05.1974)
A fragment of the stonework destroyed by the explosion of the bomb under the portico in Piazza della Loggia in Brescia on 28th May 1974 during an anti-fascist demonstration organized by the trade unions and the Antifascist Committee. The massacre resulted in the killing of 8 people and the wounding of 103.
Victims clothing - Piazza della Loggia Bombing (Brescia, 28.05.1974)
Clothing items belonging to the victims of Piazza della Loggia Bombing. The massacre resulted in the killing of 8 people and the wounding of 103.
One of the demonstrators umbrellas - Piazza della Loggia Bombing (Brescia, 28.05.1974)
On the day of the protest, it was raining. One of the umbrellas that was hit and riddled by the bomb fragments. The massacre resulted in the killing of 8 people and the wounding of 103.
Burnt metaphysical landscape painting - Piazza della Loggia Bombing (Brescia, 28.05.1974)
Metaphysical landscape painting burnt by the bombing explosion. The massacre resulted in the killing of 8 people and the wounding of 103.
Renault 4 (left side) - Murder of Aldo Moro (Rome, 09.05.1978)
9th May, 1978, Rome: the corpse of the politician Aldo Moro was found in the trunk of the car Renault 4, left in Via Caetani, after 55 days of imprisonment at the hideout in Via Montalcini 8, where a group of Brigate Rosse (Red Brigades, BR) formed by Mario Moretti, Prospero Gallinari, Germano Maccari and Anna Laura Braghetti put him on trial before the so-called “People’s Court ”. The Italian government refused to negotiate with the terrorists asking for a prisoner exchange for Moro’s release, and ultimately he was killed.
Renault 4 (right side) - Murder of Aldo Moro (Rome, 09.05.1978)
The Christian Democracy party had ruled every Italian governments since 1948. It was the first time that Italian Communist Party (PCI) had a government position, even if indirect. On the day on which Aldo Moro was kidnapped, Andreotti’s government obtained a large majority of votes. The DC leader Aldo Moro was a key figure in the negotiations of the so-called Historic Compromise (Compromesso storico): an accommodation between the Christian Democrats (DC) and the Italian Communist Party (PCI) led by Enrico Berlinguer.
Fiat 130 - Kidnapping of Aldo Moro (Rome, 16.03.1978)
Fiat 130 - 16th March 1978, Rome: the car with the Italian statesman Aldo Moro inside at the moment of the kidnapping in Via Mario Fani. He was with two Carabinieri: the driver Domenico Ricci and the marshal Oreste Leonardi, the head of the bodyguard team. Both were killed by the Brigate Rosse (Red Brigades, BR). The only car involved in the terrorists’ attack to be conserved and exposed at Museum of the Bureau of Motor Vehicles in Rome.
Alfetta 1.8 - Kidnapping of Aldo Moro (Rome, 16.03.1978) #1
Alfetta 1.8 - 16th March 1978, Rome: the Aldo Moro bodyguard team’s car with on board the policemen Francesco Zizzi, Giulio Rivera and Raffaele Iozzino, who were killed.
Alfetta 1.8 - Kidnapping of Aldo Moro (Rome, 16.03.1978) #2
Alfetta 1.8 - 16th March 1978, Rome: the Aldo Moro bodyguard team’s car with on board the policemen Francesco Zizzi, Giulio Rivera and Raffaele Iozzino, who were killed.
Fiat 128 - Kidnapping of Aldo Moro (Rome, 16.03.1978)
Fiat 128 - 16th March 1978, Rome: the car driven by Mario Moretti of Brigate Rosse (Red Brigades, BR) during the kidnapping of the DC leader Aldo Moro.
Alfa Romeo Giulia - Attack on the regional headquarters of the Christian Democratic Party in Piazza Nicosia (Rome, 03.05.1979)
Alfa Romeo Giulia - 3rd May, 1979, Rome: massacre in Piazza Nicosia. Attack by Brigate Rosse (Red Brigades, BR) against the regional headquarters of the Christian Democratic Party. The brigadier Antonio Mea and the Public Security officer Pierino Ollanu were killed.
Fiat Ritmo - Ambush on the Police deputy commissioner Sebastiano Vinci (Rome, 19.06.1981) #2
Fiat Ritmo - 19th June 1981, Rome: Ambush by Colonna XXVIII Marzo (Column XXVIII March) of the Brigate Rosse (Red Brigades, BR) on the Police deputy commissioner Sebastiano Vinci, Head of the Police commissioner’s office of Primavalle.
Autobianchi A112 - Murder of Carlo Alberto dalla Chiesa, founder of Italian Anti-terrorism Special Unit, and his wife Emanuela Setti Carraro (Palermo, 03.09.1982)
On 3rd September 1982 Carlo Alberto dalla Chiesa, founder of the Special Anti-terrorism Unit, general of the Italian carabinieri and Prefect of Palermo, and his wife Emanuela Setti Carraro, were murdered in Palermo inside an Autobianchi A112 as they were going to dinner. The heads of Cosa Nostra have been convicted of their murders as well as of Domenico Russo, Dalla Chiesa's Police bodyguard, who was on the car escorting him. The car A112 is exposed at the History Museum “Giuseppe Beccari” in Voghera.
BRIGATE ROSSE red cloth banner with yellow writing - Attack on the Christian Democratic Party seat "Luigi Perazzoli" in via Mottarone 5 (Milan, 01.04.1980)
Red cloth banner, 5 m x 50 cm, with yellow writing BRIGATE ROSSE and bearing the five-pointed star emblem. It was left in April 1980 at the Christian Democratic Party seat “Luigi Perazzoli” in via Mottarone 5 in Milan, into which the Walter Alasia column burst during a public debate held by the MP NadirTedeschi. The MP Nadir Tedeschi, the Secretary of the D.C. seat Eros Robbiani, the journalist of the daily newspaper “Il Popolo” Emilio De Buono, and the President of the Cultural Center “Carlo Perini” Antonio Iosa, were victims of kneecapping.
BRIGATE ROSSE red paper banner with white writing “FROM NORTH TO SOUTH PUT ON TRIAL THE D.C. AND ITS SLAVES” and the five-pointed star symbol - Affixed in Sesto San Giovanni (Milan, 01.07.1981)
Red paper banner, around 3 meters long, with white varnish reading “FROM NORTH TO SOUTH PUT ON TRIAL THE D.C. AND ITS SLAVES” and the five-pointed star symbol. It was affixed by the Red Brigates in Sesto San Giovanni (Milan) onto the corner of Via Fratelli Bandiera and Viale Matteotti and founded by Police officers on 1st July 1981 at 8.00 am.
Attack on “Le Nuove” Prison (Turin, 15.12.1978)
Two public security patrolmen, Salvatore Lanza and Salvatore Porceddu, were murdered at dawn by a command of the Red Brigades as they were assigned to the surveillance of the perimeter of “Le Nuove” Prison in Turin. The action is linked to the “campaign against the treatment of the political prisoners”, hardened after the institution, in July 1977, of the maximum security prison under general Carlo Alberto dalla Chiesa.
Briefcase - Attack on the Christian Democratic city councilman Dante Notaristefano (Turin, 20.04.1977)
The leather briefcase hit during the attack against Dante Notaristefano on 20th April 1977 in Turin. It saved the life of the Christian Democratic city councilman as he instinctively lifted it to shield himself against the bullet, hence he decided to keep it. The Red Brigades members were Cristoforo Piancone, Nadia Ponti and Dante Di Blasi.
74 leaflets claiming responsibility by BRIGATA XXVIII MARZO for the murder of the journalist Walter Tobagi (Milan, 28.05.1980)
74 leaflets by terrorist group Brigata XXVIII Marzo (28th of March Brigade) claiming responsibility for the murder of Walter Tobagi, journalist of the Corriere della Sera, on 28th May 1980 in Milan. They were found in Milan on the footbridge of the Porta Genova railway station (21 copies), inside the rooms 101 (24) and 201 (14) of the Università Statale in Milan and in the flowerbed in front of the entrance of the Cooperativa editrice Bocconiana in via Bocconi 22 (15).
4 unpublished papers with a detailed analysis of terrorism by Guido Rossa before being killed on 24 January 1979 (Genoa, 1978)
Trascrizione del testo
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TERRORISMO:
Dopo nove anni sta per concludersi la vicenda processuale della strage di piazza Fontana. Il rappresentate della pubblica accusa ha avanzato le sue richieste (ergastolo per gli uomini della trama nera e assoluzione per gli anarchici) sulla base non più del sospetto ma delle prove, le quali hanno confermato una verità che è terribile. Sì, si è trattato di un complotto politico vasto, ramificato con cui si è tentato di abbattere la Repubblica. Ci volevano togliere la libertà. Fu chiaro a tutti che il senso della trama nera era politico: creare il disordine per invocare l’ordine e liquidare, così, il 68 isolando la classe operaia. La risposta fu altrettanto politica. Così la battaglia fu vinta anche se i colpevoli restarono impuniti.
E così anche questa vicenda come tutte quelle degli ultimi anni, ci spinge a riflettere su un problema di fondo: la Repubblica vive, ormai da un decennio sotto una continua minaccia. Il terrorismo non si muove nel vuoto. Trova complici, ma anche chi, lontanissimo dai suoi scopi, si illude di utilizzarne
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gli aspetti politici si copre di colpe e di errori. Non c’è solo stupidità nel tentativo di confondere la rivolta individuale e l’assalto corporativo con la lotta di classe.
Molte forze premono per logorare la politica di solidarietà democratica, lo sforzo per fronteggiare l’emergenza rischia di fallire. Ma da dove nascono queste forze disgreganti? Per capire la natura dello scontro politico in atto si deve partire dal grande problema politico posto dal 20 giugno. Nel momento in cui un partito comunista, per la prima volta nella storia dell’Occidente capitalistico, raggiungeva il 34% dei voti e arrivava a toccare la soglia del governo, era evidente che si apriva un problema ben più grosso di quello della maggioranza parlamentare. Il vecchio mondo reazionario italiano, che sta in certi gangli decisivi dello Stato e del potere, e che è molto potente, e che sente che i suoi interessi sono minacciati, non può accettare che si sviluppi, per la prima volta nella storia italiana, in forme pacifiche, legali, parlamentari, una profonda rivoluzione democratica.
Moro conosceva benissimo l’esistenza di questo problema. Di qui il lungo indugio e poi la
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cauta ma ferma decisione di andare avanti, di accettare la sfida in positivo, di giocarla sul terreno dell’impegno comune per la difesa della democrazia. È stato ucciso per questo.
Il Terrorismo è il prodotto di una crisi attorno al quale si giocano i destini del movimento operaio e della nazione. (*) Per frustrare ogni tipo di manovra e per tagliare l’erba sotto i piedi del terrorismo, e la politica di radicali riforme che deve finalmente imboccare la strada giusta, ed è anche la sete di giustizia che sale dal Paese che deve trovare una rigorosa risposta.
Troppo scarsa è ancora la quantità di politica che riusciamo a riversare nelle nostre iniziative di lotta. La vera posta in gioco, oggi, è la trasformazione dello Stato: o ci muoviamo coerentemente a questo livello, o il terrorismo continuerà a trovare spazio. Non c’è vigilanza che tenga. Bisogna riuscire a saldare strettamente gli obbiettivi di sviluppo economico con quelli di trasformazione democratica dello Stato. La lotta al terrorismo passa da qui, perché è qui, nello spazio che separa la classe operaia dallo Stato, che il terrorismo si insinua. Dobbiamo riempire questo spazio. Ed è questa in ultima analisi la forma più valida di vigilanza.
Pagina (*)
Le BR in fabbrica qualche fabbrica ci sono state e ci sono: hanno trovato una propria base sociale in una sia pur ristrettissima fascia di impiegati tecnici, nella nostra fabbrica è proprio tra questi che si trovano i fiancheggiatori, …
Il fascino della clandestinità e della lotta armata non ha mai neppure sfiorato gli operai. Né il “meridionale” portato di peso dalla campagna alla catena di montaggio, trapiantato in una città che lo respingeva è stato mai l’acqua in cui il pesce-terrorismo si è mosso. Anzi questo meridionale è stato la spina dorsale di un grande movimento rivendicativo su cui ancora oggi si fondano le speranze di un profondo rinnovamento del Paese.
Metal plate found in Sempione Park, headed "Here, the murderers of Pinelli" (Milan, 12.1975)
Metal plate headed "Here they are the murderers of Pinelli”. It was found in Sempione Park in Milan in 1975, coinciding with the anniversary of the death of Giuseppe Pinelli on 15th December 1969 and two months after the final inquiry: his death was due to an "active illness".
BRIGATE ROSSE - Rivoluzione della Direzione Strategica, February 1978
La lotta politica di Avanguardia Nazionale
Bullet and two bullet fragments found at “Carla”, Cecilia Massara, of Brigate Rosse (Rome, 14.12.1984)
The bullet and two bullet fragments found at “Carla”, Cecilia Massara, of Brigate Rosse. She was hit during the attack on a night security guard armoured vehicle on 14th December 1984 in Rome. Antonio Gustini, “Vittorio”, was murdered and two security guard were wounded.
Cigarette butts and candy wrappers found inside Brigate Rosse Fiat 128 - Kidnapping of Aldo Moro (Rome, 16.03.1978)
The cigarette butts and candy wrappers found inside the car Fiat 128 driven by Mario Moretti of Brigate Rosse during the kidnapping of the Christian Democratic leader Aldo Moro on 16th March 1978.
Molgora Starter Automatic Pistol cal. mm 8 and blanks. Legal report regarding Giovanni Ventura of Ordine Nuovo (Milan, 1980)
The Molgora Starter Automatic Pistol with shoot blanks is related to the Legal report regarding Giovanni Ventura, terrorist member of Ordine Nuovo (New Order).
BÖHMISCHE WAFFENFABRIK A.G. IN PRAG Pistole Modell 27 cal. 7.65 - Legal report regarding the accused V. Fioravanti, G. Vale, F. Mambro and L. Ciavardini of Nuclei Armati Rivoluzionari for killing of the policeman Francesco Evangelista (Rome, 28.05.1980)
The Modell 27 is a weapon used by the members of Nuclei Armati Rivoluzionari (Armed Revolutionary Nuclei, NAR) Valerio Fioravanti, Giorgio Vale, Francesca Mambro and Luigi Ciavardini in connection with the murder of the policeman Francesco Evangelista outside the State High School Giulio Cesare in Rome on 28th May 1980.
The wooden box (closed) containing the timer of the rudimental unexploded bomb discovered in Milan's Central Station on the 154 Trieste - Paris train (Milan, 08.08.1969)
The wooden box containing the timer and batteries of the rudimental unexploded bomb discovered in Milan's Central Station on the 154 Trieste - Paris train and related to the series of attacks occurred on 8th and 9th August 1969, for which Franco Freda and Giovanni Ventura of Ordine Nuovo (New Order) were convicted.
The wooden box (opened) containing the timer of the rudimental unexploded bomb discovered in Milan's Central Station on the 154 Trieste - Paris train (Milan, 08.08.1969)
The wooden box containing the timer and batteries of the rudimental unexploded bomb discovered in Milan's Central Station on the 154 Trieste - Paris train and related to the series of attacks occurred on 8th and 9th August 1969, for which Franco Freda and Giovanni Ventura of Ordine Nuovo (New Order) were convicted.
ČZ Škorpion vz. 61 cal. mm 7.65 submachine gun - Found in the Movimento Proletario Resistenza Offensivo hideout in Viale Giulio Cesare 47 during the arrest of Adriana Faranda and Valerio Morucci, ex Brigate Rosse terrorists (Rome, 29.05.1979)
The submachine gun Škorpion - considered the weapon used to kill the Italian statesman Aldo Moro -, was found on 29th October, 1979 during the arrest of Adriana Faranda and Valerio Morucci in an apartment in Viale Giulio Cesare 47 in Rome, owned by Giuliana Conforto, a former militant of Potere Operaio (Worker Power, Pot.Op.). After the murder of the leader of the Christian Democracy party, the terrorists Faranda and Morucci left the Roman column of the Red Brigades and founded the Movimento Comunista Rivoluzionario (Revolutionary Communist Movement, MCR).
ITALIANO
SEGNIE IMMAGINI DELLA MEMORIA COLLETTIVA.
La fotografia di Gigi Cifali e i corpi di reato.
Di Lorenzo Migliorati
Ricordare non è un atto neutro. Fare memoria del passato, specie di quello che riguarda noi e non soltanto me, è un atto complesso e il prodotto di un processo culturale dinamico e delicato.Anzitutto, noi non ricordiamo tutto, ma soltanto quelle parti del nostro ieri che riteniamo importanti oggi per il nostro domani. Così, la memoria è un processo lungo; un fatto collettivo che accade oggi, gravato del passato, ma che guarda al futuro. Nessuno di questi tre tempi può essere tralasciato. Chi ricorda non ha, dunque, a che fare soltanto con il proprio passato, ma ha a che fare con se stesso che, nel presente, guarda al proprio passato, progettando il proprio futuro. E poi ricordiamo ciò che ci definisce, che dice qualcosa di noi, della nostra storia e della nostra identità. «Meditate che questo è stato» scriveva memorabilmente Primo Levi. La forma verbale di quel passato prossimo scolpisce nella coscienza collettiva universale il sigillo dell’irrevocabilità e il margine irreversibile del mai più. L’utopia – nel senso del luogo del non ancora – della storia come maestra di vita sta racchiusa tutta qui: siamo ciò che abbiamo fatto, non possiamo che essere ciò che siamo stati perché il tempo corre in avanti e il passato non scompare. Lo potremo rimuovere o sublimare; potremo distogliere lo sguardo o dimenticare, ma esso sarà lì. È il senso del trauma, dell’evento destabilizzante in grado di sconvolgere per sempre l’identità di colui che lo vive. Non lo si può semplicemente trasformare in oblio, occorre attraversarlo, nominarlo, guardarlo, fargli posto per poterlo superare. Così, ricordare il passato è la via maestra per comprendere chi siamo.
Infine, non vi può essere memoria senza spazio per l’oblio. Non ricorda chi non può dimenticare. Lo sa bene Ireneo Funes, il memorabile e memorioso personaggio uscito dalla penna di Jorge Luis Borges nella cui mente si deposita ogni minimo dettaglio di ogni minimo accadimento di ogni più breve istante: «ho più ricordi io da solo, di quanti non ne avranno avuti tutti gli uomini insieme, da che mondo è mondo» – dice. Non ha memoria; solo una marea montante di informazioni che gli ammazzano la mente: «nel mondo sovraccarico di Funes non c’erano che dettagli, quasi immediati» cosicché, conclude, «la mia memoria, signore, è come un deposito di rifiuti».
Dunque, fare memoria significa selezionare il passato da ricordare, scegliere che cosa conservare e che cosa lasciar andare e ricostruire oggi quel che è accaduto per trasmetterlo alle generazioni future. La memoria è una costruzione sociale che si fonda sulla relazione tra gli individui e i gruppi sociali ai quali partecipa, per il tramite degli eventi del passato.
Tuttavia, così, la memoria è fatta di un materiale etereo e fragile dai confini incerti e indefiniti: è fatta di rappresentazioni sociali, di ciò che noi, insieme, pensiamo di noi, insieme. Per questo essa ha bisogno di sostanziarsi in qualche cosa di tangibile e concreto che ci permetta di dare forma ai ricordi. Si pensi alla potenza rammemoratrice che gli odori, i profumi, i colori, i sapori le immagini o i suoni hanno per ciascuno di noi. Dal punto di vista sociale, la memoria collettiva si sedimenta in complessi di pratiche più o meno condivise, formali e oggettive in cui si esteriorizzano le rappresentazioni sociali del passato. Discorsi, rituali, gesti, luoghi, ricorrenze, norme, immagini e quant’altro concorra a narrare un passato collettivo, ne sono validi esempi.
E oggetti. L’arte fotografica di Gigi Cifali in “Images and Signs: Italy, 1969-89” abita proprio questa piccola sezione finita dell’enorme complessità della memoria del recente passato politico dell’Italia degli anni di piombo. Lo fa con lo sguardo dell’artista, da sempre meno suddito e più libero, quindi più veloce ancorché forse meno specifico, di quello dello scienziato, e dello scienziato sociale in particolare. I corpi di reato delle grandi vicende giudiziarie degli anni del terrorismo in Italia sono vere e proprie pratiche di memoria, sostanziate di cultura materiale, che sedimentano la narrazione della nostra (nel senso di comunità nazionale) memoria. Essi si stagliano sul fondo nero di storie che faticano a raccapezzarsi tra verità storiche e verità giudiziarie, tra reticenze e sospetti, porti delle nebbie, armadi della vergogna, vecchi e nuovi fasci di luce. Non a caso, dove i corpi di reato non ci sono più rimane soltanto il fondo nero.
Sarei nato meno di una settimana dopo Via Caetani. Non ho memoria del caso Moro. Lo conosco grazie a Leonardo Sciascia, alla scuola, alla televisione, al cinema, alla radio, ad internet, agli archivi storici dei quotidiani. La mia è la prima generazione che può sapere tutto del passato della propria gente potendo scegliere come scoprirlo. Eppure, la camicia che il sangue di Aldo Moro aveva imbrattato poche ore prima che venissi al mondo io non l’avevo mai vista.
Sento chiaramente che quell’oggetto – questo corpo di reato – mi dice, più di tutto, che questo è stato, che in quell’immagine ci sono io come parte di un irrinunciabile noi (si badi bene che quel noi è tanto la vittima, quanto il carnefice, quanto il salvatore, quanto l’osservatore esterno più o meno interessato; noi siamo questo e l’obiettivo della macchina fotografica di Cifali su quella camicia, come sugli altri corpi di reato, inquadra, per paradosso, il medesimo punto osservazione di chi ha sparato). Così facendo, il corpo di reato mi dice chi sono e chi siamo e mi richiama alla mia identità. Infine, il destino di questi reperti sparsi mi restituisce il senso di corpi sospesi; sospesi a metà lungo il sottile crinale che separa la memoria dall’oblio. Basterebbe poco per dare loro una collocazione e uno spazio adeguati, mi ha detto Gigi parlando del suo lavoro e della “memoria per caso” che in esso rappresenta. Aggiungo io: basterebbe poco per dimenticare tutto.
Più dell’alternativa mutuamente esclusiva tra ricordare e dimenticare, tra tenere per forza e perdere per colpa, mi spaventa l’idea che possiamo temere che questi oggetti smettano di parlare di noi. Non lo faranno, sia che li vediamo, sia che vadano perduti. I corpi di reato ci abiteranno e informeranno la nostra identità, anche se non li vedremo, finché non li nomineremo e li attraverseremo.
Il lavoro di Cifali è potente anche per questo: dà forma, nome e sostanza ad oggetti che avremmo potuto non vedere mai. E mostrandoceli, ci crea lo spazio per lasciarli andare. Nella nostra memoria finalmente pacificata.
Verona, Ottobre 2015
Alexander J. (2006), La costruzione del male. Dall’Olocausto all’11 settembre, Il Mulino, Bologna.
Borges J.L. (1956), Finzioni (1935-1944), Einaudi, Torino.
Halbwachs M. (1949), La mémoire collective, Puf, Paris.
Jedlowski P. (2002), Memoria, esperienza e modernità. Memorie e società nel XX secolo, Franco Angeli, Milano.
Ricoeur P. (2000), La memoria, la storia, l’oblio, Raffaello Cortina, Milano.
Sciascia L. (1978), Il caso Moro, Sellerio, Palermo.
Lorenzo Migliorati è ricercatore in sociologia dei processi culturali presso l’Università di Verona. Si occupa di sociologia della memoria e di sociologia dei consumi.
Tra le sue pubblicazioni: Eternal Recurrence of (almost) the Same. Nostalgia in Italian Advertising from Carmencita and Gringo to Jake la Furia (Verona, 2014), La memoria difficile in Italia. Trauma culturale e pratiche commemorative della Resistenza (con L. Mori, Milano, 2013), L’esperienza del ricordo. Dalle pratiche alla performance della memoria collettiva (Milano, 2010) e La forza sociale della memoria. Esperienze, culture, confini (Roma, 2010). Al pensiero di Maurice Halbwachs, pioniere degli studi sulla memoria collettiva, ha dedicato: Maurice Halbwachs: classical sociology after the Classics (Verona, 2015) e Al falò della vita sociale. Maurice Halbwachs e la sociologia dei consumi (Roma, 2014).
ENGLISH
SIGNS AND IMAGES OF THE COLLECTIVE MEMORY
Gigi Cifali’s photographic art and the corpora delicti.
By Lorenzo Migliorati
Remembering is not a neutral act. Keeping the memory of the past alive, particularly the one related to us and not only to me, is a complex act and the result of a dynamic and delicate cultural process.
First of all, we do not remember everything, but only those parts of our yesterday that we deem important today in view of our tomorrow. Therefore, memory is a long process; a collective fact that occurs today, weighed down by the past, but that looks at the future. None of these three times can be neglected. Those who remember, therefore, do not have to deal only with their own past, but also with themselves who, in the present, look back at their own past, planning their future.
And then we remember what defines us, which says something about us, of our story and of our identity. «Meditate that this came about » wrote memorably Primo Levi. The past simple tense engraves the seal of irrevocability and the irreversible margin of the never again on the universal collective conscience. The utopia – in the sense of the place of the not yet – of the history as the teacher of life, lies here: we are what we did, we cannot be what we were because time runs forward and the past does not disappear. We might remove it or sublimate it; we may avert our gaze, but it will stay there. It is the sense of trauma, of the destabilising event that may upset for ever the identity of those who experience it. One cannot simply change into oblivion, one has to go through it, name it, look at it, make room for it in order to overcome it. Hence, remembering the past is the main route to understand who we are.
Finally, there cannot be any memory without any room for oblivion. Those who cannot forget cannot even remember. Ireneo Funes knows it perfectly, the memorable and memorious character penned by Jorge Luis Borges. He preserves in his memory everything that he sees, he is able to perceive every minute occurrence in its tiniest detail: «I have more memories in myself alone than all men have had since the world was a world» – he says. He has no memory; only a vast amount of information that kills his mind: « In the overly replete world of Funes there were nothing but details, almost contiguous details», thus, he concludes, « my memory, sir, is like a garbage disposal».
Hence, keeping the memory alive means to select the past to remember, to choose what to keep and what to let go and to re-build today what happened in the past in order to transmit it to the succeeding generations. Memory is a social construction based on the relationship between individuals and the social groups in which it participates, through the past events. However, memory is thereby made of an ethereal and fragile matter with uncertain and undefined boundaries: it is made of social representations, of what we, together, think of us, together. Hence, it needs to be substantiated through something more tangible and concrete in order to vive shape to the memories.
Consider, for example, the evoking power that odours, scents, colours, flavours, images or sounds have on each of us. From the social point of view, the collective memory settles in a complex system of practices, more or less accepted, formal and objective, where the social representations of the past become manifest. Conversations, rituals, gestures, places, events, rules, images anything else that contributes to the narration of a collective past, are valid examples. And objects. Gigi Cifali’s photographic art in “Images and Signs: Italy, 1969-89” dwells in this small finished section of the enormous complexity of the memory of the recent Italian political past during the so-called anni di piombo or years of lead. He captures it by the artist’s lens, offering a less servile and freer look, therefore quicker, even though possibly less specific, than a scientist’s look, in particular of the social scientist. The corpora delicti, or bodies of crime, of relevant judicial events related to the terrorist attacks in Italy are real practices of memory, substantiated by material culture, which sediment in the narration of our (as a national community) memory. They stand out against the dark background of stories that struggle to find their bearings among the historical and the legal truths, between reticence and suspects, ports of shadows, armoires of shame, old and new beams of light. It is no coincidence, in fact, that, where the corpora delicti have disappeared only a black background remains.
I was born less than a week after Moro's corpse was found in Via Caetani. I have no memory of the Moro case. I know him thanks to Leonardo Sciascia, to the school, the television, the cinema, the radio, the Internet, the newspapers’ historic archives. Mine is a generation that can know everything about the past of their own people, having the possibility to choose how to discover it. Yet, I had never seen the shirt that Aldo Moro’s blood had spattered few hours before my birth.
I clearly feel that this object - this corpus delicti - tells me, more than anything else, that this came about, that in that image there is me as part of an undeniable us (bear in mind that the us is both the victim and the executioner, the saviour, the external - more or less interested - observer; we are this and the lens of Cifali’s camera on that shirt, as well as on the other bodies of crime, paradoxically focuses the same observation point of the man who shot). In so doing, The body of crime tells me who I am and who we are and it reminds me of my identity. Finally, the fate of these scattered finds brings to my mind an image of suspended bodies; suspended halfway along the fine edge between memory and oblivion. We do not need much to provide them a suitable location and a space, Gigi told me as he was talking about his work and the “memory by chance” that it represents. And I add: it takes little to forget everything.
More than the mutually exclusive alternative between remembering and forgetting, between keeping perforce and losing as a result of negligence, what frightens me is the idea that one day these objects may stop to talk about us. It won’t happen, whether we will see them or they will be lost. The corpora delicti will be dwelling in us and will inform our identity, even if we cannot see them until we name them and go through them.
Cifali’s work is powerful also for this reason: it gives shape, name and substance to objects that we would never have seen. And by showing them, he provides us with the space to let them go. In our memory finally pacified.
Verona, October 2015
Alexander J. (2006), La costruzione del male. Dall’Olocausto all’11 settembre, Il Mulino, Bologna.
Borges J.L. (1956), Finzioni (1935-1944), Einaudi, Torino.
Halbwachs M. (1949), La mémoire collective, Puf, Paris.
Jedlowski P. (2002), Memoria, esperienza e modernità. Memorie e società nel XX secolo, Franco Angeli, Milano.
Ricoeur P. (2000), La memoria, la storia, l’oblio, Raffaello Cortina, Milano.
Sciascia L. (1978), Il caso Moro, Sellerio, Palermo.
Lorenzo Migliorati is an Italian researcher in sociology of cultural and communicative processes at the University of Verona, Italy. His research is devoted to the sociology of memory and the sociology of consumption. Among his publications are: La memoria difficile in Italia. Trauma culturale e pratiche commemorative della Resistenza (con L. Mori, Milan, 2013), L’esperienza del ricordo. Dalle pratiche alla performance della memoria collettiva (Milan, 2010) and La forza sociale della memoria. Esperienze, culture, confini (Rome, 2010). He dedicated the book: Al falò della vita sociale. Maurice Halbwachs e la sociologia dei consumi (Rome, 2014) to Maurice Halbwach, pioneer of the studies on collective memory.
Images and Signs: Italy, 1969-89. Practices of Memory, Gigi Cifali, 2013-15